21 Settembre 2020
La michetta milanese è il pane simbolo del capoluogo meneghino: è un tipo di pane senza mollica, vuoto all’interno, chiamato per questo anche “pane soffiato” o “pane aereo”, croccante e utilizzato molto spesso come panino farcito proprio grazie al suo interno cavo, sia a tavola che durante gite e pic-nic all’aperto.
È riconoscibile dallo stampo a stella, o a rosa, e dalla fragrante croccantezza dell’impasto: per la tipica forma a rosa è infatti anche noto come “rosetta”.
Dalle origini al giorno d’oggi
La michetta milanese è un tipo di pane che nasce all’inizio del Settecento, durante l’occupazione del territorio milanese da parte dell’Impero austro-ungarico.
I funzionari dell’Impero, infatti, non amavano la locale micca, un pane diffuso in tutta la zona del Nord Italia che produceva moltissime briciole quando veniva spezzato (il nome di questo pane ha infatti origine proprio dal latino mica, ossia briciola): per questo motivo importarono il loro tradizionale kaisersemmel (che letteralmente significa “pane dell’imperatore”), un piccolo panino a forma di rosa, del peso di circa 50-90 grammi, caratterizzato da una morbida mollica che però sul suolo lombardo, nel quale è presente maggiore umidità rispetto a quello austriaco, non conservava la sua fragranza, diventando invece molle e dalla spiacevole consistenza gommosa.
Per questo motivo i panettieri dell’epoca decisero di togliere la parte interna, quella della mollica, in modo da lasciare il nuovo pane cavo all’interno e dunque fresco e croccante più a lungo.
Nacque così una prima versione della michetta: il nome prende origine da una storpiatura del termine tedesco kaisersemmel e dal diminutivo della tradizionale micca lombarda, dal momento che i milanesi si rifiutarono di rendere omaggio all’Imperatore austro-ungarico utilizzando il termine kaiser per riferirsi al proprio pane.
All’incirca due secoli dopo, al termine della seconda guerra mondiale, grazie alle misure di aiuto previste dal Piano Marshall gli americani diedero agli italiani – depositandoli presso l’aeroporto militare di Malpensa – oltre un milione di quintali di grano e diverse centinaia di migliaia di quintali di una farina molto speciale, allora sconosciuta in Europa: la farina di Manitoba, prodotta in Canada occidentale da un grano particolare e forte, caratterizzato da un’estrema resistenza al clima rigido tipico del luogo.
La farina di Manitoba si distingue dalle altre tipologie di farina grazie all’elevatissima percentuale di proteine che contiene, che la rende così l’elemento ideale per un panino gustoso, cavo all’interno e croccante all’esterno: i panettieri milanesi (chiamati anche prestinai) iniziarono dunque a realizzare e diffondere la michetta così come la conosciamo ancora oggi, friabile e fragrante, croccante ma non eccessivamente dura, perfetta da farcire.
Nel 2007 la michetta milanese è stata consacrata tra i prodotti gastronomici tradizionali milanesi in seguito al conferimento del riconoscimento De.Co (Denominazione Comunale).
Inoltre, diversi sono gli omaggi resi al pane meneghino da parte di esponenti di diversi ambienti culturali: uno tra tutti è l’omonimo divano con poltrona di design creato nel 2005 dall’architetto Gaetano Pesce, anch’esso cavo all’interno (con una ricca struttura alveolare) e per questo chiamato proprio “michetta”.
È invece un’opera del 1962 il famoso Achrome di Piero Manzoni, esposto oggi al Museo del Novecento di Milano, che celebra il tipico pane meneghino: una tela ricoperta da file di michette tondeggianti ricoperte dal caolino.
Il procedimento della preparazione della michetta milanese
L’inizio della preparazione della michetta milanese è costituito dalla biga, un composto di farina, lievito e acqua che viene fatto riposare per 18-20 ore in un luogo fresco e asciutto, con temperatura pari a circa 12 gradi.
In seguito la biga, che deve avere una consistenza molto elastica, viene reimpastata con farina, malto e acqua, ai quali si aggiunge successivamente il sale, per almeno 30 minuti.
Dopo 10 minuti di riposo, l’impasto della michetta milanese viene inserito in un macchinario ad hoc che lo pressa; esso viene poi unto con l’olio e fatto lievitare per 40 minuti.
L’impasto viene suddiviso poi in diversi pezzi più piccoli, delle pagnottelle alle quali viene data – spesso manualmente, o in alternativa con degli appositi stampi – la tradizionale forma a stella o a rosa.
Le pagnottelle vengono fatte lievitare per altri 30/40 minuti e infine cotte in forno alla temperatura di 250 gradi, fino a ottenere la doratura della superficie delle michette.
L’ideale è gustare la michetta appena sfornata, ancora tiepida, per godere al massimo della sua fragranza.
Se non si consuma in tempi brevi, la consistenza della michetta diventa dura, perfetta da grattugiare per ottenere il pan grattato.
Un procedimento di preparazione simile avviene anche per i tipi di pane conosciuti con il nome di “tartaruga” e di “maggiolino”, o il “bignè”, un pane tipico romano.
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