01 Marzo 2021
Basta nominare il fiorentino David di Michelangelo Buonarroti, o le numerose statue di Milano come la Pietà Rondanini, opera dello stesso artista conservata nelle sale dei musei del Castello Sforzesco, o il Napoleone in veste di Marte Pacificatore scolpito da Antonio Canova, al centro del cortile d’onore della Pinacoteca di Brera di Milano, per trovarsi proiettati in un altro luogo e in altri secoli.
Da qui parte il nostro viaggio. Da qui ripartono, o ripartiranno chissà – difficile scommettere in queste settimane di altalenanti decisioni – la Cultura e l’Arte, che in realtà, dietro le quinte, non si sono mai arrestate, nemmeno durante il duro lockdown.
Statue, sculture e le chiusure di musei e spazi espositivi
Lontane, isolate, silenti. Anche le sculture più ammirate di sempre patiscono una profonda solitudine nei lunghi mesi di chiusura obbligata di musei e gallerie. Anche loro, le statue di Milano, di Firenze, dell’Italia tutta e del mondo. Recluse forzatamente, strappate allo sguardo e all’incanto del pubblico di visitatori che abitualmente percorre lunghe distanze per regalarsi la possibilità di osservarle direttamente, dal vivo, da vicino, anche solo per qualche breve minuto.
E invece per lunghissimi mesi solo stanze vuote, capolavori senza spettatori.
Con l’agognato ritorno (chissà per quanto poi…) di alcune zone gialle pur disseminate ancora a macchia di leopardo sulla Penisola, il sipario torna ad alzarsi anche, finalmente, su musei, gallerie e collezioni artistiche.
Che un nuovo spettacolo abbia inizio allora! Almeno lì.
Commuove, in quei luoghi e in quelle città, rivedere file di chi riconquista mostre e musei, in giornate di ingressi contingentati, immaginare che dopo lunghi mesi di straziante silenzio e di assenza, il pubblico entri a riempire ancora le sale, restituendo compagnia a quelli che sentiamo davvero come dei personaggi viventi, con una storia da raccontarci, dotati di un’anima e depositari di coinvolgenti emozioni.
Mentre proprio nelle ultime settimane la Galleria dell’Accademia di Firenze, che ospita uno dei capolavori assoluti della scultura italiana, il David di Michelangelo, aveva riaperto i battenti in un nuovo temporaneo allestimento, anche la Pietà Rondanini michelangiolesca, nella scenografica sala dell’Ospedale Spagnolo dei Musei del Castello Sforzesco di Milano, era tornata a godere della meritata ammirazione, ahìnoi solo per poco tornati visitabili dal pubblico. Infatti, mentre la Lombardia si colora di arancione, tutto torna subito riavvolto dal silenzio.
L’arte e il suo rapporto con il pubblico
Ma proviamo a immaginarli: lui, il David, a detta di molti, “l’oggetto artistico più bello mai creato dall’uomo”, è l’eroe biblico che si appresta a uccidere Golia, emblema di un ideale di bellezza maschile, perfetto nelle sue proporzioni. L’eroe scolpito da un Michelangelo giovane non ancora trentenne. Lei, la Madre di Cristo, nella Pietà Rondanini, è opera tardiva, che occupò l’artista negli ultimi dieci anni della sua vita. Il David oggi non è più da solo nello spazio della Tribuna, ma anticipato quasi e circondato da quei busti in gesso di Lorenzo Bartolini. Sembra di udire il suono del loro soffuso vociare…: ninfe, personaggi mitologici, nobili, musicisti e letterati dell’epoca.
La Pietà invece, pur sempre sola anche a museo aperto, nel recente allestimento, arrivato con Expo, dell’Ospedale Spagnolo del Castello Sforzesco (sito che ha visto negli ultimi anni numerose altre opere di restauro e rinnovamento, come quelle della Sala delle Asse o della Ponticella), era finalmente tornata sotto i riflettori che più accendono la sua vanità, quelli dei visitatori appunto.
Già questo per noi è stato un inatteso, pur breve spettacolo.
L’arte, tutta, vive infatti della conversazione tra l’artista e la sua opera e lo spettatore. Un’opera, sia essa la poesia, la musica, la pittura, la scultura, genera un effetto e un’emozione in chi la osserva e ne viene in contatto. Se l’idea dell’artista passa e viene trasmessa, in quell’opera scorre davvero la vita. Così le parole scritte in un libro non sono finalizzate al compiacimento di uno scrittore, ma a trovare un lettore che le legga, le interpreti e ne tragga immaginazione e saggezza.
Così mi piace pensare che queste figure, questi uomini e queste donne, queste statue di Milano, delle Terrazze del Duomo, di Firenze, dell’Italia tutta e del mondo, oggi più che mai ci attendano, fiere nella loro a volte dolorosa bellezza, per restituirci quanto prima l’emozione e la rinascita di cui siamo stati tanto a lungo privati.
Non voglio però trascurare un altro grande “solitario”, vestito a festa nella nuova illuminazione che ha da poco avvolto anche gli spazi del cortile d’onore di Brera. Nei toni del blu, del verde e del rosso, così come le statue e i busti di illustri o meno illustri personaggi distribuiti lungo i lati del cortile, anche Napoleone Bonaparte è, o sarà pronto a riaccoglierci, mentre si accinge, in un anno tanto denso di ricorrenze e commemorazioni, a festeggiare i duecento anni dalla sua morte.
“Ei fu”, direbbe il caro Don Lisander, il nostro Alessandro Manzoni, anche lui in piedi, assorto e solo nella discreta piazza milanese di San Fedele, pronto a leggerci qualche pagina delle Georgiche virgiliane che tiene in mano dietro la schiena.
Ma questa è un’altra storia e presto Ve la racconteremo, augurandoci che l’arcobaleno di colori e delle zone all’interno di Regioni e Province non sposti troppo in là la luce in fondo al tunnel.
Olivia Campanile
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